Videocamere nascoste in azienda e diritto di riservatezza: la sentenza della Corte Europea dei Diritti

sistemi-videosorveglianza-cctvL’installazione di videocamere nascoste all’insaputa dei dipendenti non lede il diritto alla riservatezza dei lavoratori se questa attività è preordinata a verificare eventuali atti illeciti a danno dell’azienda. E’ in sintesi il contenuto della decisione del 17 ottobre 2019 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Starsburgo.

Il caso (1874/13 e 8567/13 L.R. e altri) riguardava dipendenti di un supermercato spagnolo licenziati perché sorpresi tramite un sistema di videosorveglianza installato a loro insaputa a sottrarre merce aziendale.

Secondo i ricorrenti, la decisione con cui il datore di lavoro li aveva licenziati era basata su videosorveglianza attuata in violazione del loro diritto al rispetto della vita privata, garantito dall’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, e i giudici nazionali erano venuti meno al loro obbligo di garantire l’effettiva tutela di tale diritto, avendo ammesso nel procedimento di impugnazione dei licenziamenti le registrazioni video ottenute dal datore di lavoro.

La Corte Europea ha ritenuto che non vi sia stata alcuna violazione dell’art. 8 perchè il fondato sospetto di furto da parte dei dipendenti costituisce ragione giustificativa che merita la tutela da parte dell’ordinamento e, quindi, giustifica la mancata informativa preventiva ai dipendenti circa l’installazione della videosorveglianza che risulta misura adottata dal datore di lavoro proporzionata al fine perseguito.

Quindi il fondato sospetto, il bilanciamento dei diritti e l’applicazione dei principi di Data  privacy consentono anche il controllo occulto.

Nel sistema italiano, invece, l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, anche dopo la riforma del 2015, detta norme ulteriori che renderebbero differente il caso.

Infatti l’esigenza di tutela del patrimonio aziendale indicata nel primo comma assorbirebbe anche l’ipotesi decisa dalla Corte Europea. Quindi il datore che volesse procedere al controllo difensivo occulto dovrebbe adempiere preventivamente alla procedura (amministrativa o sindacale).

Secondo il Garante della Privacy italiano, nella persona del Presidente Antonella Soro, il principio di proporzionalità e non eccedenza rimane centrale: “La sentenza della Grande Camera della Corte di Strasburgo se da una parte giustifica, nel caso di specie, le telecamere nascoste, dall’altra conferma però il principio di proporzionalità come requisito essenziale di legittimazione dei controlli in ambito lavorativo. L’installazione di telecamere nascoste sul luogo di lavoro è stata infatti ritenuta ammissibile dalla Corte solo perché, nel caso che le era stato sottoposto, ricorrevano determinati presupposti: vi erano fondati e ragionevoli sospetti di furti commessi dai lavoratori ai danni del patrimonio aziendale, l’area oggetto di ripresa (peraltro aperta al pubblico) era alquanto circoscritta, le videocamere erano state in funzione per un periodo temporale limitato, non era possibile ricorrere a mezzi alternativi e le immagini captate erano state utilizzate soltanto a fini di prova dei furti commessi”.

In definitiva, secondo il Presidente Soro, “La videosorveglianza occulta è, dunque, ammessa solo in quanto extrema ratio, a fronte di ‘gravi illeciti’ e con modalità spazio-temporali tali da limitare al massimo l’incidenza del controllo sul lavoratore. Non può dunque diventare una prassi ordinaria”.