Più flessibili e meno gerarchiche: i giovani cercano aziende smart

Giovani in azienda

Nel dinamico panorama aziendale contemporaneo la circolazione delle competenze è diventata una leva cruciale per stimolare l’innovazione e garantire il successo a lungo termine delle Pmi. Ma cosa significa realmente e come può essere attuata con successo nella quotidianità? Ne abbiamo parlato con Mariano Corso, docente di Leadership & Innovation, responsabile scientifico dell’Osservatorio Hr e dell’Osservatorio smart working del Politecnico di Milano.

LE PMI E IL GAP GENERAZIONALE

Oggi più che un tempo esiste un grande gap generazionale, soprattutto tra la GenZ (quella dei ragazzi sotto i 27 anni) e quelle più mature. Un divario che rende complessa la collaborazione e rischia di ostacolare il passaggio di conoscenze essenziale per un’azienda. Una difficoltà che viene ulteriormente acuita dalla situazione demografica ed educativa dell’Italia.

I giovani da noi sono pochi, e spesso poco formati soprattutto nelle discipline tecniche che sono oggi più richieste. I numeri spiegano benissimo la situazione:

  • Giovani laureati in Italia: 26%
  • Media europea: oltre il 40%
  • Regno Unito: 52%

I GIOVANI: ASPETTATIVE NUOVE

Giovani in azienda

In questa già difficile situazione si inserisce una gap valoriale e di aspettative che si è particolarmente accentuato a partire dalla pandemia.

«Parliamo di un evento che ha avuto un impatto cross-generazionale, che proprio su chi viveva un periodo di formazione, ha avuto gli effetti più profondi – spiega Corso – Rispetto ai colleghi più anziani i giovani sono meno attratti da fattori come il posto fisso e la carriera preferendo flessibilità, qualità delle relazioni, spazio per le proprie passioni e la vita privata. Ma sono anche più sensibili a comprendere il significato profondo del lavoro che fanno, l’impatto che può avere sulla società e sull’ambiente».

Aspettative più che lecite spesso confuse dagli “over” per mancanza di determinazione e di voglia di lavorare.

«Un errore che crea un muro di incomprensione tra le generazioni. Vi è poi un sostanziale rifiuto nei giovani di modelli organizzativi rigidi e gerarchici e di attività ripetitive e vincolanti».

«Per questo invece che dare la colpa della difficoltà di reperire nuove professionalità a una generazione di ragazzi viziati o a modelli come lo smart working, le aziende dovrebbero impegnarsi a ridisegnare l’esperienza lavorativa sfruttando anche la maggiore propensione dei giovani a mettersi in gioco nell’innovazione tecnologica e organizzativa».

NO ALL’AFFIANCAMENTO TRADIZIONALE

Giovani in azienda

In questo contesto, la formazione tradizionale e il semplice affiancamento in una logica “apprendista anziano”, mostrano oggi tutti i loro limiti. È necessario dunque puntare su una circolazione e uno scambio bidirezionale di conoscenze che stimoli la curiosità e l’orgoglio dei giovani e li veda attivi non solo nel recuperare esperienza sul “modo in cui oggi si fanno le cose”, ma anche protagonisti di una revisione dei processi, di uno sforzo creativo nell’introdurre e utilizzare nuovi strumenti e logiche.

«La molla dell’apprendimento per i giovani deve essere la curiosità, la sfida professionale, il desiderio di miglioramento continuo» prosegue Corso.

CIRCOLAZIONE DI COMPETENZE

Nel concreto ci possono essere varie strategie per attuare un’efficace circolazione di competenze. Le più importanti sono certamente:

  • Lavoro in team
  • Creazione di gruppi di interesse

Il modello più efficace è il lavoro in team.

Giovani in azienda

«Quando i team di lavoro sono il più possibile autonomi, autorganizzati, orientati agli obiettivi, diventano uno strumento efficacissimo per rompere le barriere generazionali, ingaggiare le persone allo sviluppo di competenze, stimolare la conoscenza reciproca e la co-creazione di nuovi modi di lavorare – aggiunge Corso – La diversità di età, genere, background può rappresentare un fattore di grande positività».

Ma anche l’aspetto extra-lavorativo è da tenere in considerazione.

«L’altro strumento fondamentale è la creazione di community e gruppi di interesse, in cui le persone possano essere stimolate a condividere interessi e a impegnarsi in attività ludiche, ma anche in progetti ‘nobili’, grazie ai quali temi come la sostenibilità e l’impatto sociale, particolarmente cari alle nuove generazioni, cessino di essere visti come aspetti esteriori e formali, ma diventino mezzi per la creazione di identità e condivisione, dando significato al fatto di essere parte di una stessa organizzazione». Tomaso Garella