Brexit, guida per esportare: come trasformare un problema in opportunità

Brexit, una “rivoluzione” da conoscere, per trasformare un problema in un’opportunità commerciale. Dal primo gennaio 2021, l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea ha reintrodotto le frontiere non solo per le persone ma anche per le merci che viaggiano sull’asse tra le province di Varese e Pavia e il Paese della Regina Elisabetta.

Il ritorno della dogana, con tutti gli adempimenti burocratici che ne conseguono, renderà sicuramente meno semplici gli scambi, ma potrebbe aprire anche nuove opportunità per chi saprà raccogliere la sfida. Il nuovo Trade and Cooperation Agreement tra UK e UE, che ha scongiurato il salto nel buio del “No Deal”, è la nuova cornice dei rapporti commerciali, che va conosciuta e recepita. Ecco perché Artser, per la regia del referente estero Matteo Campari, ha chiamato a raccolta le aziende che fanno import-export con il Regno Unito per un webinar dedicato alle prospettive della “nuova” Gran Bretagna, quella del “dopo 24 dicembre”. 

Varese (13esima) e Pavia (48esima) sono tra le prime cinquanta province per valore di export manifatturiero verso il Regno Unito (dato 2019): quest’ultimo Paese è il terzo mercato di riferimento per il “made in” provincia di Varese e il settimo per il “made in” provincia di Pavia. Si tratta anche di uno dei Paesi che, nei primi nove mesi del 2020, ha retto di più quanto a export manifatturiero, in particolare per Varese, dove si è registrato un calo del 7,6%: solo Belgio e Usa tra i primi dieci mercati di riferimento hanno avuto una migliore performance. E parliamo di scambi commerciali notevoli negli ultimi 12 mesi: 612 milioni di export con un saldo commerciale positivo di 371 milioni per il Varesotto e di 133 milioni di esportazioni con un saldo commerciale negativo di soli 12 milioni per il Pavese. Le stime del post-Brexit, inoltre, sono confortanti: in entrambe le province si prevede una crescita dell’export di prodotti alimentari, abbigliamento, tessile e metallo.

TRADE AND COOPERATION AGREEMENT
«Questo è un anno importante per le relazioni UK-Italia – sottolinea Ben Greenwood, console generale britannico incaricato e direttore Department for International Trade Italia – un’opportunità unica di fissare un’agenda globale, sui temi del cambiamento climatico e del post-pandemia, visto che nel 2021 il Regno Unito presiederà il G7 e l’Italia G20, e i due Paesi saranno partner dell’organizzazione della conferenza sul clima Cop21 a Milano e Glasgow».

La nuova cornice delle relazioni economiche e commerciali tra il Regno Unito e i Paesi dell’Unione Europea è il cosiddetto TCA, Trade and Cooperation Agreement, che rappresenterà «un cambio significativo» negli scambi tra UK e UE ma che ha «evitato lo scenario peggiore» del “No Deal”. Tutte le informazioni utili sulle novità procedurali introdotte con l’accordo bilaterale sono rintracciabili sul sito web gov.uk/eubusiness. Il Regno Unito ha infatti investito molto per preparare adeguatamente la transizione della Brexit, lanciando già da mesi «una campagna di informazione mirata agli operatori commerciali europei, per aiutarli a non interrompere le relazioni, sulla base del claim “Keep business moving”», ma anche prevedendo, come fa notare Cameron Ballester, primo segretario affari europei dell’Ambasciata britannica, «un’implementazione progressiva delle procedure doganali» per favorire una transizione meno impattante, con una serie di step che condurranno alla definitiva entrata in vigore del nuovo regime dal primo luglio 2021.

Nel dettaglio, l’accordo di scambio e cooperazione prevede l’assenza di dazi e contingenti per le merci oggetto di scambi commerciali tra i due Paesi. Per beneficiare di questo trattamento, però, le imprese dovranno dimostrare che i propri prodotti rispettino completamente le regole dell’origine delle merci e ne assumano i requisiti richiesti. Per facilitare la conformità alle regole sull’origine e ridurre la burocrazia, l’accordo consente alle imprese di autocertificare l’origine delle merci e prevede il cumulo completo, il che significa che le imprese possono tenere conto non solo dei materiali originari utilizzati, ma anche se la lavorazione è avvenuta nel Regno Unito o nell’Unione Europea. Inoltre, è stato accordato il mutuo riconoscimento della qualifica di AEO, esportatore autorizzato: un aspetto, quest’ultimo, che faciliterà di gran lunga le procedure doganali.

L’AUTOCERTIFICAZIONE
L’accordo eviterà gli ostacoli tecnici al commercio, prevedendo ad esempio che si possa con autocertificazione dichiarare la conformità regolamentare per i prodotti a basso rischio e agevolazioni per altri prodotti specifici di reciproco interesse, come l’automotive, il vino, i prodotti organici, i prodotti farmaceutici e i prodotti chimici. Tuttavia, tutte le merci del Regno Unito che entrano nei Paesi dell’Unione Europea dovranno comunque soddisfare gli elevati standard normativi UE, anche in materia di sicurezza alimentare (vedi standard sanitari e fitosanitari) e di sicurezza dei prodotti. Tra le novità, occorrerà abituarsi, per le nostre aziende, a nuovi adempimenti burocratici anche per quel che riguarda i lavoratori “distaccati”, come ad esempio i tecnici che vengono mandati nelle aziende estere per fare assistenza sui macchinari, per i quali si aprirà uno scenario non dissimile a quello attuale della Svizzera.

«Una fase di cambiamento, ma anche di grandi opportunità», come ha spiegato Matteo Campari nel corso del webinar. «La fame di approvvigionamenti sarà altissima e non bisognerà farsi bloccare dagli adempimenti ai quali si sarà assoggettati. Le aziende dovranno avere la capacità e la flessibilità di adattarsi a un momento complicato, così come è normale che sia nell’ambito dell’economia mondiale e del commercio estero. In alternativa, ci sarà sempre qualcun altro pronto a prendere il nostro posto».

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