Scambi intracomunitari di beni: le novità per contrastare le frodi Iva

foto_bandiere_europaDal 1 gennaio 2020 sono in vigore le cosidette “VAT quick fixes”, ovvero alcune modifiche normative introdotte dal Regolamento UE 2018/1912 per contrastare le frodi IVA ed armonizzare l’attuale assetto degli scambi intracomunitari di beni (in attesa di una già prevista revisione complessiva della disciplina, attesa nei prossimi anni).

Gli interventi del legislatore comunitario di maggior rilievo riguardano:

  • la prova del trasporto nelle cessioni intracomunitarie;
  • la rilevanza sostanziale dell’iscrizione al VIES ai fini dell’applicazione del regime di non imponibilità IVA.

In attesa di chiarimenti ufficiali da parte dell’Agenzia delle Entrate, di seguito riepiloghiamo gli aspetti essenziali delle disposizioni da poco entrate in vigore, invitandovi a verificare – ed adeguare, se necessario – la vostra operatività, nonché a contattarci per eventuali delucidazioni e chiarimenti.

La prova del trasporto nelle cessioni intracomunitarie

Il Regolamento UE 2018/1912 ha inserito all’interno del Regolamento 282/2011 il nuovo articolo 45-bis, nel quale vengono espressamente tipizzati i documenti ritenuti idonei a dimostrare l’avvenuto trasporto o spedizione dei beni a destino di altro Stato Membro. Il paragrafo 3 del citato articolo 45-bis prevede due distinti gruppi di prove, che comprendono la seguente documentazione:

Gruppo A

  • documento o lettera CMR firmata;
  • polizza di carico;
  • fattura di trasporto aereo;
  • fattura emessa dal vettore;

Gruppo B

  • polizza assicurativa del trasporto ovvero contabile bancaria del pagamento del trasporto;
  • documento emesso da parte di una Pubblica Amministrazione o di un Notaio dal quale risulti l’arrivo dei beni nell’altro Stato UE;
  • ricevuta rilasciata da un depositario UE che attesti il deposito dei beni in tale Stato.

Se i beni vengono spediti o trasportati dal cedente (o da un terzo per suo conto), la prova dell’avvenuta consegna si considera soddisfatta qualora il venditore sia in possesso di due elementi previsti nel gruppo A (A+A), oppure, in alternativa, di uno degli elementi sub A in combinazione con uno degli elementi sub B (A+B).

Esemplificando, gli obblighi documentali potrebbero essere assolti conservando i seguenti documenti:

  • il CMR firmato dal destinatario e la fattura dello spedizioniere, oppure
  • la fattura dello spedizioniere (oppure il CMR firmato) e la contabile bancaria di pagamento del trasporto.

Qualora il venditore italiano curi il trasporto con mezzi propri, non sarà possibile acquisire questi documenti, pertanto – salvo diverse precisazioni da parte dell’Amministrazione Finanziaria – si ritiene necessario conservare (almeno) la prova della consegna nel paese UE controfirmata dal cliente, oltre alla documentazione bancaria del pagamento proveniente dall’estero.

Se i beni vengono spediti o trasportati dall’acquirente (o da un terzo per suo conto) secondo la clausola ex works, in aggiunta ai requisiti di cui sopra (A+A oppure A+B), è altresì richiesto che il venditore debba acquisire una dichiarazione scritta dall’acquirente che certifichi che i beni sono trasportati o spediti da quest’ultimo (o da un terzo per suo conto) e che identifica lo Stato membro di destinazione dei beni.

Quindi, in questo caso occorrono gli stessi documenti di prova visti sopra nelle varie combinazioni (A+A, oppure A+B), oltre ad una dichiarazione del cliente, da rilasciare entro il decimo giorno del mese successivo alla consegna, anche via mail, attestante che i beni sono regolarmente arrivati nel suo paese UE.

Tale dichiarazione deve contenere anche la data di compilazione, il nome e l’indirizzo dell’acquirente, la quantità e qualità dei beni, la data ed il luogo di arrivo dei beni, eventuale identificazione della persona fisica che accetta i beni per conto dell’acquirente.

A tutela del cedente italiano, ove possibile, sarebbe opportuno inserire nei contratti di vendita con i clienti Ue apposite clausole che li obblighino a comunicare l’eventuale mancata consegna dei prodotti nel luogo di destinazione indicato nel documento di trasporto ovvero la consegna degli stessi in luogo diverso da quello indicato in tale documento.

La rilevanza sostanziale dell’iscrizione al VIES

In base all’art. 138 della Direttiva IVA, come riformulato dalla Direttiva UE 2018/1910, l’iscrizione al VIES del cessionario (oltre che del cedente) costituisce requisito sostanziale, e non più solo formale, ai fini dell’applicazione del regime di non imponibilità, contrariamente a quanto precedentemente affermato dall’Agenzia delle Entrate (Telefisco 2019).

Sono considerate non imponibili le cessioni di beni spediti o trasportati fuori dal territorio dello Stato e destinati a essere introdotti in altro Stato membro da parte del venditore o dell’acquirente (o da terzi per loro conto), se sono rispettate – contemporaneamente – tre condizioni:

  1. i beni sono ceduti ad un altro soggetto passivo (o assimilato) di uno Stato membro diverso da quello in cui la spedizione o il trasporto dei beni ha avuto inizio;
  2. il destinatario è identificato ai fini IVA in uno Stato membro diverso da quello in cui la spedizione o il trasporto dei beni ha avuto inizio; egli, inoltre, deve comunicare preventivamente al cedente il proprio codice identificativo VIES (di solito il numero di Partita IVA preceduto dalla sigla del Paese);
  3. il cedente invia gli elenchi riepilogativi Intrastat cessioni.

Nella sostanza, non cambiano le procedure per il fornitore “diligente”, il quale – come già avveniva in passato – dovrà continuare a verificare lo status dell’acquirente attraverso il sistema VIES prima di emettere fattura non imponibile e compilare il modello Intrastat cessioni.

Si segnala che, sebbene la Direttiva comunitaria faccia esplicito riferimento alla rilevanza sostanziale dell’iscrizione al VIES per quanto riguarda le cessioni di beni, la dottrina ritiene applicabile il medesimo principio alle prestazioni di servizi generici di cui all’articolo 7-ter del DPR n. 633/72.