Da concorrenti a partner: la ricetta anti-crisi della seconda generazione d’impresa


I figli entrano in azienda, fanno gavetta, a volte bruciano le tappe e spesso hanno l’energia di un razzo nucleare. Devono accumulare esperienze: qualcosa gli è subito chiaro e altro meno. Ma spesso alcune loro scelte stupiscono papà e mamma che, forse, non sempre condividono. A dare loro ragione saranno i risultati sul fatturato.

UN’ALLEANZA ANTI-CRISI
Andrea e Antonella Chiesa, figli di Artorige (il padre fondatore dell’impresa Chiesa, nel 1949, in via F.lli Cagnoni 19 a Vigevano), il gioco di squadra lo hanno allenato a lungo. E sono andati in rete. Come? Stringendo un’alleanza con il maggior competitor di papà Artorige sul territorio di Vigevano: la Atom, fondata nel 1946. Il fatto è questo: «Abbiamo sotterrato l’ascia di guerra: Chiesa e Atom hanno sempre prodotto fustellatrici e lo spirito competitivo tra le due era molto sentito. Poi la seconda si è specializzata nei sistemi per il taglio a lama vibrante, e noi ci siamo offerti di produrre le fustellatrici automatiche per i loro clienti. Ora a fare questo lavoro, sul territorio di Vigevano, siamo in due; in tutto il mondo ci contiamo in non più di dieci».

Chiesa e Atom, rappresentano uno fra gli esempi più riusciti di collaborazione anti-crisi. Perché, commenta Antonella, «per superare le difficoltà un’impresa deve evolversi superando le barriere, e occupando quelle nicchie di mercato lasciate scoperte dalle grosse industrie con produzioni standardizzate».

INDUSTRIA 4.0: «AI NOSTRI CLIENTI, LA SPIEGHIAMO NOI»
E così è stato. Un giro di vite sul passato, con un obiettivo chiaro in testa: ribaltare il rapporto tra mercato casalingo e mercato estero. Esplorando tutte le potenzialità di Industria 4.0. La domanda non tarda: ma la Chiesa a che punto è con il piano digitalizzazione? La risposta può stupire: «Noi sul 4.0 non ci siamo ancora, ma aiutiamo i nostri clienti a metterci testa e mani». Per intenderci, Antonella pensa che questa bella iniziativa non abbia avuto la debita considerazione. Meglio ancora, una corretta comunicazione: «E’ così, e allora ci siamo messi a studiare per incoraggiare i nostri acquirenti a fare un salto di qualità». Le fustellatrici, il salto, lo hanno fatto subito: «Quelle automatiche sono già predisposte – commenta Andrea – mentre su quelle manuali abbiamo inserito tutto ciò che è indispensabile per una riorganizzazione produttiva delle imprese e, soprattutto, per ottenere, ricavare e gestire i dati prodotti dalle macchine. Ovviamente lavoriamo su pezzi unici, quindi ogni cliente può chiedere una particolare sua personalizzazione».

CON LA FUSTELLATRICE ELETTRICA, VOLA IL FATTURATO ESTERO
Ed è accaduto questo: poco prima del 2010, il 90% del fatturato della Chiesa interessava il mercato italiano; ora il 40% è prodotto dal nostro Paese e il 60% dalle vendite in tutta Europa.
Ma non solo: anche America, Medio ed Estremo Oriente. Un risultato che nasce da un’ulteriore collaborazione: quella della Chiesa Artorige (che progetta e produce le fustellatrici automatiche) con la Chiesa Export, che invece si concentra sulle fustellatrici a ponte, a bandiera, sui sistemi di taglio waterjet e sui plotter a lama vibrante.

Ormai prossima a festeggiare i settant’anni dalla fondazione, la Chiesa Artorige – ai tempi specializzata in spazzolatrici e carrelli per calzaturifici – è come un camaleonte. I cambiamenti non la preoccupano, e con i suoi 25 dipendenti accetta qualunque sfida. «In realtà non inventiamo nulla – interviene ancora Andrea – ma con una piccola grande idea e un brevetto internazionale ci siamo salvati dalla crisi del 2007 e dalle sue code». La fustellatrice elettrica è stata una “conquista”: rispetto alle macchine oleodinamiche è più precisa (lavora al centesimo), più silenziosa e anche sostenibile (non c’è smaltimento degli oli esausti). Ed è uno fra i prodotti vincenti, perché di ultima generazione, che stanno alla base dell’alleanza con Atom.

IMPRENDITORI «COMODI»: IL MODELLO TEDESCO
Ma l’autocritica è sempre una buona leva per dare sprint alla passione dell’imprenditore. Sul tema giovani e occupazione, Andrea una buona parte di responsabilità la dà a sé stesso e ai suoi colleghi: «Siamo diventati imprenditori-comodi: in Germania le imprese aprono scuole interne per formare e tenersi poi le professionalità; noi demandiamo». Una provocazione, si sa, ma che ha del vero se posta di fronte alla preparazione debole e alla scarsa esperienza delle nuove generazioni: «Qui alla Chiesa non pretendiamo tanto: giovani che sappiano di meccanica ma, soprattutto, che siano versatili per poter passare dalla lima all’assemblaggio delle parti. Per la disperazione, ci siamo rivolti anche al Cfp: “Dateci la lista dei disoccupati”, gli abbiamo detto. Niente da fare: manca anche l’esperienza in laboratorio, e questo è un gap che stanno scontando tanto le imprese quanto le scuole».

UN ANNO IN MAGAZZINO, POI LA “PROMOZIONE”
D’accordo, per Andrea forse è stato più facile. «Non direi – incalza l’imprenditore. Dopo il diploma di geometra, l’impresa è diventata un porto naturale: per uscire di casa, passavi per forza dall’officina. Però quando presi la decisione di entrare in azienda, all’età di 25 anni, mio padre mi lasciò per un anno intero in magazzino. Solo dopo sono arrivato in ufficio e poi in fabbrica». Antonella, invece, in azienda ci arriva nel 1999 e dice: «La consapevolezza di essere imprenditrice, e la bellezza di far parte di un qualcosa di creativo, si è trasformata in passione. E stare al passo con i tempi, mi affascina ogni giorno».